Il primo documento a noi conosciuto che attesti la fondazione di un tempio cristiano con una comunità, risale al 870, quando una Chiesa dedicata a Santa Maria era sita in località Trenta (ora in aperta campagna).
Nel 1100 circa la Chiesa fu rifondata verso il nuovo centro cittadino più a sud, nei pressi del castello. Fu poi nuovamente riedificata in occasione della visita del duca d’Angiò nel 1500. Il costante pericolo del Po costrinse i cittadini a ricostruire un’ultima volta l’edificio, cogliendo pure l’occasione, com’era uso al tempo, di manifestare la potenza raggiunta dal paese; questa è la medesima costruzione che possiamo ammirare ancora oggi, avendo subìto fortunatamente solo qualche rimaneggiamento o miglioria, senza modificare l’originaria idea.
La costruzione risale al 1763, e fu progettata dall’architetto ferrarese Gaetano Barbieri, i lavori durarono una decina di anni sino al 1772, ma rimase incompiuta nella facciata, che restò per oltre un secolo con mattoni a vista che ne svalutavano profondamente aspetto e importanza.
Essa si impone al visitatore con la sua possente mole: è alta circa 30 metri, lunga oltre 50 e larga circa 20 metri, misure che possono dare un’idea della sua grandiosità.
La facciata in stucchi e laterizi risale appunto al 1914, quando si decise di dotare l’esterno dell’edificio di un prospetto che potesse introdurre all’interno; è stata progettata in puro stile neoclassico mentre l’interno è barocco. Si presenta tripartita, con lesene, balaustre e statue di santi.
Entrando dal portale di sinistra possiamo subito apprezzare la cappella del battistero, con un semplice altare in marmo grigio che conserva un’antica immagine della “Madonna del Malpello”, che ha preso il nome dai propritari dove essa era situata in precedenza.
Il solenne interno di forme poderose e monumentali presenta un’originale pianta centrale a dimensione ovale. È composto di grandiose volte, più una minore nel coro, tutte sostenute da coppie di lesene con trabeazioni di ordine corinzio e preziosi elementi in stucco forte. In particolare è da notare la decorazione centrale della volta maggiore e le volte e le pareti del Presbiterio finemente dipinte. L’intero complesso rappresenta una rara espressione di barocco romano con richiami neoclassici, praticamente un unicum in Polesine.
Numerose sono le opere qui conservate, che abbracciano un periodo che va dal XVI° al XVIII° secolo. Spiccano all’occhio dell’osservatore le undici pregiate statue in stucco, che sembrano quasi dominare dall’alto la chiesa e i visitatori, manufatti recentemente restaurati ed attribuibili alla mano di Alessandro Turchi, scultore ferrarese autore di analoghe statue nella Cattedrale di Ferrara.
L’unica ampia navata è affiancata da quattro vaste cappelle, con ricchi altari marmorei, due dei quali di finissima fattura. Nelle due cappelle vicine all’entrata si fronteggiano due altari del 1883, quasi identici per forme, ma non per i materiali utilizzati, si tratta di due pregevoli opere neoclassiche che ospitano a sinistra una statua di Sant’Antonio da Padova e a destra quella di San Luigi Gonzaga. Gli altri due altari risalirebbero invece al XVII° secolo, provenienti da una chiesa di Ferrara. Entrambe le opere sono realizzate da numerose qualità di marmi policromi, finemente composti e decorati. A sinistra è ospitata la venerata statua della Madonna con Gesù Bambino, mentre a destra si può ammirare la maggior opera dell’artista ficarolese Alberto Mucchiatti: una grande Crocifissione, originale sotto il profilo compositivo, essendo composta da una grande tela dipinta su cui si innesta un ben più antico crocifisso ligneo.
Nel presbiterio, raccolto da una balaustra marmorea, da notare è l’altare maggiore settecentesco impreziosito da mosaici e i due loggiati laterali in legno, sormontati uno dall’imponente organo e l’atro da una cantoria. Stupenda la corona appesa sopra l’altare, realizzata in legno e stucco dipinti e dorati. Importante il coro ligneo scolpito ospitato nel catino absidale.
Sempre nell’abside si trova la tela secentesca del pittore ficarolese Ercole Sarti, di notevoli dimensioni (cm 290 x 180) e raffigurante “Sant’Antonino e San Carlo Borromeo”.
Annessa alla chiesa è la sala dei Confratelli, che ospita una piccola quanto raffinata pinacoteca. In questa sala troneggia un’altra grande opera del Sarti: Madonna del Rosario e i Santi Rocco e Sebastiano, dipinta in occasione della fine dell’epidemia di peste nel 1631. Opera complessa sul cui sfondo si può vedere un panorama dell’epoca di Ficarolo, con il netto emergere delle torri di Villa Giglioli. Soave la settecentesca tela ovale raffigurante Santa Lucia dipinta da un anonimo artista ferrarese.
Altri preziosi dipinti sono conservati nella sacrestia, come la “Madonna con Bambino e Sant’Antonino” già presente nel 1740, quadro in cui è possibile vedere un altro scorcio settecentesco di Ficarolo, con il castello sormontato da un albero di fico.
Pagina aggiornata il 15/10/2024